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Nazario Sauro, martire d'italianità

di Mattia Vicentini


Quante volte capita, camminando per strada, di leggere vie intitolate alla memoria di uomini di cui spesso non conosciamo la storia? Troppe, e in alcuni casi per fortuna penserete! E quante volte è capitato ad un italiano qualunque di imbattersi in un effige dedicata a Nazario Sauro, senza sapere propriamente chi fosse? Nel nostro piccolo oggi cercheremo di raccontare la storia di quest’uomo che invece ci conosce molto bene, conosce il popolo per il quale ha versato il sangue e la sua terra dalla quale, dopo la sua morte, germoglierà un fiore d’italianità.


Nazario nasce a Capodistria nel 1880, città allora sotto il giogo asburgico; fin da piccolo mentre studiava lavorava con il padre in una piccola società di navigazione litoranea, il suo futuro da uomo di mare era già scritto.

Quando Sauro ebbe l’età giusta, fu mandato a Trieste perché studiasse per ottenere il brevetto di capitano di grande cabotaggio, e qui ebbe modo di approfondire ulteriormente quello spirito di italianità, già inculcatogli dal padre in giovane età, grazie ai suoi docenti dalmati, che per lunghi anni vi avevano insegnato prima di essere sostituiti da professori austriaci.

In questo periodo lavorò come capitano di piroscafi nell’Adriatico settentrionale e si sposò, dando alla luce cinque figli. Il clima però in quegli anni antecedenti la guerra si inasprì sempre più contro gli italiani, e Sauro mai chinò il capo dinnanzi le autorità imperiali.


A guerra iniziata Nazario si trasferì a Venezia, e da qui condusse operazioni clandestine nell’Istria, aiutando gli esuli ed aizzando la popolazione contro il nemico austriaco.

Allo scoppio della guerra si arruolò volontario nella Regia Marina, e servì con il grado di Tenente di Vascello. Si distinse nelle missioni a lui assegnate fino al 30 luglio 1916, data in cui si imbarcò sul sommergibile Pullino per una missione nella rada di Fiume.


Il sommergibile però, tragicamente si incagliò e l’equipaggio fu costretto a fuggire il giorno seguente. Nazario in solitaria cercò di raggiungere le linee italiane ma fu catturato.


A nulla valsero gli sforzi nel processo sommario, fu condannato a morte in data dieci agosto per alto tradimento tramite impiccagione, quasi in contumacia.


“Io muoio col solo dispiacere di privare i miei carissimi e buonissimi figli del loro amato padre, ma vi viene in aiuto la Patria che è il plurale di padre, e su questa patria, giura o Nino, e farai giurare ai tuoi fratelli quando avranno l’età per ben comprendere, che sarete sempre, ovunque e prima di tutto italiani!”

Un grido eroico suggellò il martirio, straziante e dirompente nei cieli di Pola: “Viva l’Italia!”.




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