di Salvatore Perfetto
Nell’impietosa classifica europea, delle Nazioni con il più alto numero di giovani che né lavorano né studiano (cosiddetti “NEET”), l’Italia occupa uno degli ultimi posti con una percentuale di ragazzi e ragazze, di età compresa fra i 20 e i 34 anni, pari al 28,9% rispetto a una media europea del 16,5%. Questo drammatico dato ci evidenzia come quasi un giovane su tre non solo risulta essere inoccupato ma non è anche non inserito all’interno di alcun tipo di programma di formazione o in un percorso di studi. Ovviamente il meridione d’Italia è caratterizzato ancor di più da questa piaga sociale, a tal punto che in alcune provincie (Crotone, Caltanissetta e Palermo fra tutte), la percentuale di NEET supera abbondantemente il 40%. E’ chiaro che, una situazione del genere, ha indubbie ripercussioni sul sistema economico e sociale della nostra Nazione, incentivando fenomeni come: la denatalità; l’emigrazione giovanile verso l’estero; la sostenibilità del nostro sistema sociale e previdenziale; l’invecchiamento della popolazione e anche problemi collaterali come il dilagare della criminalità e l’aumento delle patologie psichiche (depressioni, stati di ansia, ritiro sociale). Tutto ciò è frutto di anni di politiche miopi e di utilizzo di risorse pubbliche finalizzate solo al consenso elettorale, come ad esempio il reddito di cittadinanza che, seppur condivisibile in linea di principio, da strumento che avrebbe dovuto incentivare le politiche attive sul lavoro si è poi trasformato in un mero sussidio assistenziale, su cui oggi fortunatamente il Governo Meloni ha deciso di intervenire cercando di riparare ai danni e alle storture di quel provvedimento. Sarebbe, invece, opportuno intervenire seriamente sul mercato del lavoro affinché possa risultare incentivante, per le aziende, assumere giovani, come a esempio fatto con l’ultima legge di bilancio che prevede una forte decontribuzione per le nuove assunzioni under 36. Questo, chiaramente, deve rappresentare solo l’inizio perché c’è bisogno di intervenire sulla scuola (soprattutto sugli istituti tecnici e professionalizzanti), adeguando ai tempi odierni un sistema scolastico figlio ancora del secolo scorso e di una logica sessantottina anacronistica e superata dalla storia. Altrettanto urgente risulta oggi rivedere il sistema della formazione, mettendo al centro le competenze richieste dall’attuale (e futuro) mercato del lavoro: conoscenze inerenti ai big date; capacità per quanto riguarda il mondo digitale, la cybersicurezza; la robotica e tutti quei settori in forte sviluppo ed espansione. Insomma, la situazione delle giovani generazioni risulta essere grave e drammatica e, al tempo stesso, una presa di coscienza da parte di chi è vittima di un sistema del genere deve far si, come ci auguriamo tutti, che questo nuovo corso politico, trainato da una forza da sempre vicina ai bisogni dei ragazzi come Fratelli d’Italia, possa rappresentare il sole dell’avvenire.
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