Sergio Ramelli: la Vittoria più bella
- Redazione
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Di Andrea Campiglio
Milano non è una città facilissima se fai politica dalla parte sbagliata, e tanto meno lo era negli anni ‘70. Attorno alle sue università si sono visti concentrare i gruppi più disparati e violenti della sinistra extraparlamentare, spesso nel colpevole disinteresse della politica istituzionale.
È in questo clima che si svolge la storia di Sergio Ramelli, un giovane appassionato di politica che durante gli anni del Liceo decide di avvicinarsi al Fronte della Gioventù, movimento giovanile del Movimento Sociale Italiano.
Nel giugno del 1974, in un tema scolastico, espresse posizioni di condanna verso le Brigate Rosse per l’omicidio dei militanti missini Mazzola e Giralucci, a Padova. Il tema verrà ritrovato affisso in una bacheca scolastica e Sergio verrà processato e condannato come fascista. Da quel momento subirà numerose aggressioni, il cui apice sarà nel “processo” sommario tenutosi nell’aula magna del suo istituto scolastico, il Molinari, dove con l’avvallo della preside e di alcuni docenti un improvvisato tribunale del popolo condannò Sergio a cambiare scuola.
Tra i pochi docenti che provarono a difendere Sergio ci fu il professore di religione. Qualche mese dopo la sua auto fu fatta esplodere nel cortile della scuola.
Sergio cambia scuola, quindi, ma la situazione non migliora. Anzi. Continuano le aggressioni, le minacce, gli insulti a lui e alla famiglia, tutto nel disinteresse delle istituzioni.
L’epilogo si ha il 13 marzo del 1975. Un commando di comunisti di Avanguardia Operaia, composto da studenti della vicina facoltà di Medicina, lo aggredisce sotto casa, sfondandogli il cranio a colpi di chiave inglese. Sergio entra in coma… un coma durato 47 giorni e che si conclude con la sua morte il 29 aprile del 1975. Aveva solo 18 anni.
Anche l’organizzazione dei funerali sarà segnata da questo clima d’odio: diversi sacerdoti si rifiuteranno di celebrarli, temendo ritorsioni e minacce. Alla fine le esequie si terranno in un contesto di altissima tensione, con i militanti di estrema sinistra che dalle finestre fotografano i partecipanti.
Anni dopo, quelle fotografie saranno ritrovate nel fortino delle Brigate Rosse a Milano.
Nel triste elenco dei martiri degli anni di Piombo, la figura di Ramelli spicca per un motivo: Sergio non aveva fatto assolutamente nulla. Non una parola fuori posto, una reazione stizzita, una provocazione…. Si è limitato a condannare un omicidio politico ed è finito così nel perverso meccanismo dell’antifascismo militante, che purtroppo nei Licei milanesi ancora esiste… quel misto di arroganza e prepotenza, protetto se non incoraggiato anche purtroppo dal personale docente, per cui un ragazzo si trova ad essere prima emarginato e poi condannato per aver espresso delle opinioni non allineate.
Ad oggi, a 50 anni di distanza da quel tragico evento, Sergio è ricordato ed onorato dalle più alte cariche dello Stato, in primis il Presidente del Consiglio, mentre i suoi aggressori e la loro ideologia sono consegnati al posto che meritano: l’oblio e la condanna. È forse questa la vittoria più bella.
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