di Jacopo Tagliati Se dovessi spiegare chi era Lucio Battisti ad una persona che non ne ha mai sentito parlare o che non ha mai ascoltato la sua musica, probabilmente, partirei dicendo che lui era molto più di un semplice musicista: le sue non erano le classiche canzoni commerciali che “andavano” per una stagione per poi finire nel dimenticatoio, il suo stile non era quello più in voga negli anni ’70 o ’80, perché Lucio, semplicemente, si vestiva, diceva e cantava ciò che andava a lui più a genio senza dover sottostare ai dogmi della società del suo tempo. Per molti versi, quindi, Lucio era un anticonformista che sapeva trasporre la poesia in musica con una semplicità disarmante. Che dire poi dei suoi modi pacati e del suo sguardo dolce che metteva tutti d’accordo e faceva dimenticare agli italiani che, in quegli stessi anni nei quali si cantava con spensieratezza “I giardini di marzo”, c’erano centinaia di giovani pronti ad ammazzare loro coetanei solo perché con idee diverse dalle loro. A Lucio delle lotte politiche di quegli anni interessava poco se non niente e, con i suoi testi, riuscì a mettere tutti d’accordo: sia destra che sinistra. Egli era infatti apprezzatissimo sia negli ambienti giovanili di destra, sia in quelli della sinistra. È proprio per questo che a distanza di parecchi anni dalla sua morte viene visto come un’icona indelebile del cantautorato italiano e della nostra cultura tutta. La sua voce, così inusuale quanto ipnotica, mette i brividi anche ai più giovani come noi che non hanno avuto la fortuna di poterlo ascoltare dal vivo. Brividi, perché nella sua musica è contenuta una forza così dirompente in grado di far cantare o versare una lacrima anche al più “duro” dei suoi ascoltatori. Lucio, quindi, era amore, passione, felicità e gioia di vivere. Tutto ciò lui lo sapeva trasmettere solo prendendo un microfono in mano e cantando, motivo per cui gli appellativi positivi nei suoi confronti si sprecano tutt’oggi. E, in questa Italia che ha appena visto concludersi una delle edizioni più penose mai viste del Festival di Sanremo, oramai divenuto un teatrino per la peggior sinistra nostrana, Dio solo sa di quanto avremmo bisogno di personaggi della caratura di Lucio Battisti: cantanti che non distruggono un palco, cantanti che non si presentano ubriachi all’esibizione o cantanti che non rispettano il decoro (chi vuol intendere intenda), ma artisti con la A maiuscola che sappiano trasportare il pubblico ed imporsi ad esso non per le loro gesta irrispettose ma per la loro bravura ed umiltà. Perciò, se a ben 80 anni dalla sua nascita siamo qui a ricordarlo con il cuore gonfio d’emozione, è perché di personaggi come lui noi siamo ancor’oggi innamorati e pensiamo quindi sia il minimo scrivere in loro onore.
Con la consapevolezza che forse di cantautori così non ne nasceranno più, ti rivolgiamo un sincero “Grazie Lucio!”: siamo sicuri che anche da lassù sorriderai come solo tu sapevi fare.
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