Oltre i confini dell’Occidente: in difesa della geo-storia.
- Redazione
- 3 mar
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Di Alessandro Alario
La recente decisione del Ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, di abolire la geo-storia nelle scuole superiori in favore di un approccio incentrato esclusivamente sulla storia d’Italia, dell’Europa e dell’Occidente solleva profonde e legittime preoccupazioni. Se da un lato l’intento di valorizzare le radici storiche europee può sembrare nobile, dall’altro la rinuncia alla geo-storia rischia di privare gli studenti di uno strumento fondamentale per comprendere il mondo contemporaneo e sviluppare un pensiero geopolitico e strategico capace di guidare l’Italia e l’Europa nel complesso scacchiere globale.
L’importanza della geo-storia come disciplina
La geo-storia non è una semplice fusione tra geografia e storia, ma una lente integrata che permette di analizzare come i processi storici si intreccino con i contesti geografici. Questa disciplina è essenziale non solo per comprendere il passato, ma anche per interpretare le dinamiche geopolitiche che modellano il presente. In un mondo caratterizzato da interazioni globali sempre più complesse, la conoscenza della geo-storia è cruciale per comprendere eventi come i conflitti internazionali, le migrazioni e le crisi energetiche. La geografia fornisce il contesto fisico e spaziale, mentre la storia spiega le evoluzioni temporali e le interazioni umane.
Tuttavia, è innegabile che, nella pratica didattica, queste premesse non corrispondano alla realtà vissuta dagli studenti. La decisione di Valditara, infatti, rappresenta un cambiamento formale più che sostanziale, poiché, sebbene de iure l’insegnamento della geo-storia fosse presente nei programmi liceali, de facto l’approccio è sempre rimasto ancorato al tradizionale insegnamento della storia.
Questa situazione rappresenta uno spreco e un errore strategico significativo, imputabile non tanto ai difetti della disciplina quanto all’inadeguata preparazione del corpo docente. La maggior parte degli insegnanti di storia nei licei ha una formazione in Storia e Filosofia, il che spesso si traduce in un’incapacità di affrontare la geo-storia in modo coinvolgente ed efficace. Il risultato è un insegnamento statico e cronologico, che non riesce a trasmettere la dinamicità della geo-storia come strumento per sviluppare un pensiero geopolitico critico.
Una testa di ponte verso il pensiero geopolitico
La geo-storia rappresenta, a tutti gli effetti, una testa di ponte verso lo sviluppo di un pensiero geopolitico maturo. Comprendere come le dinamiche storiche siano state influenzate da fattori geografici – come il controllo delle risorse naturali, la posizione strategica dei territori o le barriere naturali – è fondamentale per elaborare strategie efficaci in ambito politico, economico e militare. In un’Europa che cerca di trovare un ruolo autonomo tra le grandi potenze mondiali, una generazione priva di competenze geopolitiche rischia di ostacolare la costruzione di un progetto strategico.
L’Italia, con la sua posizione centrale nel Mediterraneo, è un crocevia naturale di interessi geopolitici, un ruolo che ha ritrovato centralità sotto il governo Meloni. La soppressione della geo-storia rischia di indebolire ulteriormente lo sviluppo di un pensiero strategico europeo, già carente rispetto a quello delle grandi potenze come Stati Uniti, Cina e Russia. La capacità di leggere e interpretare le dinamiche geopolitiche è strettamente legata alla conoscenza integrata di storia e geografia. Senza questa formazione, l’Europa rischia di perdere terreno nell’elaborazione di strategie comuni per affrontare questioni cruciali come la sicurezza, il commercio internazionale e la sostenibilità ambientale.
Allo stesso modo, l’Italia potrebbe vedere affievolirsi la propria capacità di agire come attore rilevante nel contesto mediterraneo e globale.
Una formazione geo-storica solida, impartita da docenti competenti, può invece fornire le basi per formare una nuova classe dirigente capace di comprendere le complessità del mondo contemporaneo e di guidare il Paese con consapevolezza e lungimiranza. È essenziale che l’Italia mantenga una prospettiva strategica sulle sue direttrici naturali: Europa, Africa e Mediterraneo Allargato.
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