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PORNOFOBIA

di Andrea Piccinno


Una vita passata a battagliare contro i mulini a vento. Mestiere sulla carta d’identità: combattente di fuochi fatui. Permettetemi, dunque, di portare avanti anche stavolta una battaglia impopolare e probabilmente poco interessante, date le peculiare circostanze che da giorni ormai viviamo.

È dal 2011, in particolare dall’11 febbraio 2011, che in Italia non si usa il termine pornofobia. Si tratta della giornata in cui Giuliano Ferrara fa il pienone al Teatro Dal Verme di Milano. Millecinquecento posti occupati, più di trecento persone costrette a rimanere in piedi. Sul palco si succedono grandi intellettuali e politici all’apice della loro carriera, da Pietrangelo Buttafuoco ad Ignazio La Russa, passando per scrittori, accademici, giornalisti. Il motivo, ad oggi, potrebbe quasi far scappare un forzato sorriso di nostalgia nel ripensare all’ultimo vero Governo avuto dalla nostra Italia o, più probabile, alle ridicole vicende vissute dal nostro Paese. Quel giorno, in quel teatro al centro di Milano, si protestava in risposta ai pornofobici puritaniche, presso il Palasharp dello stesso capoluogo lombardo, chiedevano a gran voce le dimissioni dell’allora premier Silvio Berlusconi a causa dello scandalo bunga-bunga.

Da quella giornata milanese di metà febbraio, sono passati nove anni e quasi altrettanti governi e, per motivi sicuramente meno rilevanti ed altisonanti, siamo di nuovo qui a parlare di pornofobia.

Per via dell’emergenza coronavirus, diverse aziende private stanno gareggiando di cortesia nel donare alle zone rosse italiane servizi e promozioni a prezzi contenuti, se non addirittura gratuitamente. Lo stesso Ministero per l’innovazione digitale, in collaborazione con l’Agenzia per l’Italia digitale ha lanciato online una pagina completamente dedicata alle imprese che hanno deciso di aderire a quest’iniziativa, ossia Solidarietà Digitale. Da Amazon a TIM, da Gruppo Mondadori a La Repubblica, vi è un’interminabile elenco di convenzioni cui è possibile prender parte. Tra coloro che hanno dichiarato la loro partecipazione all’iniziativa, sulla pagina governativa vi è, però, un grande assente: Pornhub. Figlio maggiore della holding lussemburghese Mindgeek, che dichiara oltre milleseicento dipendenti ed un fatturato di quasi cinquecento milioni di dollari, fin dalla dichiarazione di istituire la zona rossa in Lombardia mise gratuitamente a disposizione dei residenti l’opportunità di varare un account premium per trenta giorni.

Non si tratta, dunque, di una piccola azienda locale casualmente scordata o semplicemente omessa per questioni di popolarità, bensì di un colosso mondiale che controlla la quasi totalità del denaro del suo settore. Unico motivo di quest’esclusione perpetrata ai danni di un’azienda che ha nell’Italia il suo nono mercato mondiale sembra essere, dunque, un innato ed inconsapevole timore del nostro Governo (ma non solo) nel legittimare la presenza di Mindgeek nelle consuetudini mondiali e, conseguentemente, nell’affrontare argomenti forse troppo libertari per una maggioranza che, già di suo, non gode di ampio consenso popolare.

Il mondo dell’internet ha permesso una rapida, ma spesso non approfondita, liberalizzazione dell’individualità e della vita stessa dell’individuo, sdoganando veti precedenti e sfatando futili e folkloristici tabù. Sarebbe prospettabile, quindi, una riconduzione di tali traguardi dal web alla vita reale, ponendo attenzione al fatto che ciò non si traduca in una perdita di valori storici, umani e culturali e all’avanzamento di un sempre più presente ed improponibile degrado, bensì ad una tutela di taluni diritti e ad una composta serietà atta ad affrontare questioni di ordine ormai quotidiano senza ricadere nel timore reverenziale o nel becerismo.

Inoltre, come ogni privazione al privato in tempi di libero mercato, infatti, a farne le spese non è la sola Mindgeek, che ovviamente al suo sentimento solidale affianca un rigido controllo economico ed una cinica e mai doma speranza di ottenere pubblicità e clienti da simili iniziative, ma soprattutto il cliente, vittima di un ulteriore delitto ai danni della sua libertà economica.

Perché, seppur la pornografia dovesse danneggiare la vista, farebbe comunque meno danni di un articolo di Repubblica.


 
 
 

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