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Ricordati di celebrare le festività


Di Ilaria Patteri


"Celebrare" deriva dell'omonimo termine latino che significa "onorare", "solennizzare", ma anche "frequentare", "affollare".

Difatti una celebrazione, perché sia tale, necessita di opportune solennità e partecipazione, emancipate però da quel ritualismo, tanto consueto quanto sterile, che finisce col soffocare il significato di una festa.

Ma da svariati decenni l’Italia assiste imbelle al rinnegamento di questi propositi ogni 4 Novembre, data di cui si è tornati a parlare in quest'ultimo mese, complice un disegno di legge che intende ripristinare la festività.

 

Cosa si festeggia il 4 novembre?

Nel lontano 1919 vennero istituiti il Giorno dell'Unità Nazionale e Giornata delle Forze Armate.

Le autorità decisero di far coincidere la ricorrenza in tale data, quale anniversario dell'entrata in vigore dell'armistizio tra Italia e Impero austro-ungarico, che pose fine alla Prima Guerra Mondiale e decretò la Vittoria della nostra Nazione che, con il rientro nei territori irredenti di Trento e Trieste, potè raggiungere appunto l'Unità Nazionale. Inoltre l’eroica impresa dell'Esercito Italiano fece nascere la necessità di onorare in quella giornata il valore delle stesse Forze Armate.

Col tempo la data acquisì centralità nelle celebrazioni nazionali, divenendo l’unica festività vigente prima, durante e dopo il Fascismo.

Nel 1976, però, in pieno regime di austerità, vennero sospese diverse festività civili che avrebbero costituito un ingente impiego di denaro da parte dello Stato, tra cui questa ricorrenza, che però, a differenza di altre, non fu più restaurata.

 

Con l'avvento di una maggioranza di patrioti si sperava in una rimessa in vigore della festa.

Ma il testo presentato in Parlamento sul 4 Novembre appare purtroppo come un atto esclusivamente formale.

Da un’approfondita lettura dello scritto la data non si sarebbe guadagnata l’identificativo “rosso sul calendario”, che indica un giorno festivo riconosciuto dalla Legge, la quale conseguentemente impone la sospensione delle ordinarie attività quotidiane.

Una scelta inopportuna, che restituirebbe agli italiani una festa mutilata, poiché privata di festeggiamenti nazionali.

A testimonianza di ciò risulta eloquente il parere favorevole del PD, partito idiosincrasico verso iniziative patriottiche, che si è fatto trovare disponibile a tale restaurazione parziale.

Questo atteggiamento da parte del legislatore lascia intuire la scarsa consapevolezza diffusa, che include anche i palazzi della politica, circa l'importanza della festività che, a oggi, si trova sopravanzata da ricorrenze di valore circoscritto all’ambito istituzionale, come la Festa della Repubblica.

Quest'ultima consente un parallelismo interessante: da una parte la celebrazione di una forma di governo, dall’altra l'anniversario della conquista delle nostre unità e indipendenza nazionali.

Al di là delle sensibilità in merito alle forme di governo -che questo articolo non si propone di trattare-, il divario tra i festeggiamenti adottati per il 2 Giugno e l’indifferenza generale del 4 Novembre, appare clamoroso.

La Parata delle Forze Armate il giorno della Festa della Repubblica risulta una forzatura semantica.

In primis perché non si evince un coinvolgimento diretto dell'Esercito Italiano durante quell'avvenimento, che anzi, trova ragion d’essere in un referendum popolare e necessiterebbe celebrazioni di tutt’altro stile.

Oltretutto si ragiona di una data cara storicamente a una precisa parte politica e altamente divisiva, come indica lo stesso dato percentuale del referendum del 1946.

Pertanto continuare con i soliti festeggiamenti significa favorire la propaganda di chi adopera la festa come pretesto per un pericoloso revisionismo storico, che vede nel 2 Giugno la genesi del nostro Stato Nazionale, così da incatenarlo interamente nell’antifascismo, privandolo dei principi del Risorgimento, nei quali -ironia beffarda- trova radici la stessa Costituzione.


Sarebbe profondamente sbagliato lasciare campo libero a chi vorrebbe che l'assetto repubblicano fosse l'unico dovere di appartenenza nazionale, così da eclissare il sentimento patriottico, con uno più laico, unicamente civico.

Dunque, mentre al 2 Giugno dovrebbero essere riservati semplici riti formali e civili, giacché di una ricorrenza formale si tratta, per il 4 Novembre sarebbe più confacente la celeberrima Parata militare, con il fine esaltare la Patria e i suoi Padri, rendendo omaggio al grande sacrificio dei suoi Eroi.

A onor del vero appare evidentemente difficile pensare a una revisione delle celebrazioni nazionali, ormai travolte dalla confusione dell'italiano medio, dedito a usufruire meramente dei vantaggi festivi e totalmente ignaro in merito agli avvenimenti storici.

Ma ciò non dovrebbe impastoiare l’iniziativa di chi intenda onorare la causa, che anzi dovrebbe tener conto dell'importanza della celebrazione anche per dovere di pedagogia, ergo per sanare le lacune culturali che giungono dal popolo.

Perché ciò accada è fondamentale un atto di coraggio da parte della politica, che finora ha abbandonato gli uomini ai loro costumi, agevolando soltanto l’assuefazione popolare, imboccata dall’ignoranza diffusa. L’Italia andrebbe finalmente a far parte della sequela di grandi Nazioni che dedicano un giorno alla celebrazione della propria identità nazionale.

Scoprire una giornata per ribadire un concetto sacro e inflazionato sarebbe la soluzione per salvare i termini “Patria” e “identità” dallo svuotamento semantico verso cui sembrano progressivamente sprofondare. Questo può essere l’incipit delle grandi sfide che attendono un patriota del II Millennio.

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