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Rosso Natale

di Maria Vittoria Giglio


L’insegnamento originale impartito, a prescindere dal vostro credo, è stato il rispetto dell’idea altrui, in qualsivoglia contesto, nei limiti della convivenza civile, forti di una citazione tanto da scuola elementare quanto profonda, che per molti giornalisti iper faziosi rossi è divenuta un optional “dove la tua libertà si ferma inizia la mia”.


Poiché nel mondo, mio malgrado, appartenere al grande imbroglio della sinistra che perpetua nell’illusione dell’omologazione, della parola soverchia, del giustizia monocroma, significa avere l’immunità necessaria per elargire castronerie senza remora alcuna. La portabandiera corrente delle femministe più accanite, Michela Murgia, ha dichiarato parafrasandovela che “Gesù è retorica zuccherosa”.


Non è mia intenzione fare processi all’intenzione, ma capirete bene che, nella più remota delle ipotesi in cui non necessariamente un orientato a destra, bensì un quisque de populo, avesse annichilito, vessato e profanato in tal maniera altri culti religiosi, gli sarebbero stati dedicati fiumi di inchiostro sulla retorica, in questo caso termine usato coerentemente, del cattolico impettito, irriverente e crociato: come se davvero si potesse parlare di logiche d’antiquariato nel voler far prevalere una confessione in assoluto nel ventunesimo secolo.


Passando oltre, il messaggio vuole essere di non lasciarsi abbindolare dalla becera dimensione di coloro i quali sentenziano su che cosa sia giusto e sbagliato.

“Il Verbo si fece Carne”, è la base sulla quale getta le sue radici il Cristianesimo.

Quale simbolo migliore di rinascita, se non un Bambino?


Ad ognuno la propria libertà di scelta e che nessun opinionista, o pseudo tale, osi mettere bocca sulla cultura di intere nazioni per il semplice gusto di ergersi a guaritori delle imperfezioni ereditate.



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