di Riccardo Mariani
Partiamo da un presupposto semplice ma essenziale, la logica del profitto non dovrebbe mai prevalere sulle esigenze di sicurezza e dignità del lavoratore.
Un dato di fatto incontestabile dettato dal buonsenso ma che non trova poi ragion d’essere nell’oggettività più o meno dura di App e algoritmi.
Nasce così in questo paese martoriato dalla fame di lavoro, un nuovo modo per morire ossia la “morte da rider”, precario per antonomasia, cottimista, con una paga che assomiglia più ad una elemosina che ad uno stipendio, nessuna tutela sociale.
Il cordoglio come sempre è e sarà unanime, le reazioni un po' meno, ogni riferimento a sindacati e associazioni di categoria non è puramente casuale.
La morte soprattutto se conseguenza di incuria e nel silenzio delle istituzioni non può essere considerata una fatalità, ma la vergogna di un paese che dovrebbe ritenersi civile.
La mancanza di investimenti come la scarsità di formazione e prevenzione di questi lavoratori è utile solo alla natura spietata di multinazionali senza scrupolo e fatemelo dire anche da clienti pigri/viziati disposti a barattare la sicurezza di un lavoratore per un panino da consumarsi celermente davanti a qualche piattaforma streaming.
Da notare che questo nuovo “benessere” usa spesso termini inglesi come rider/streaming; figli di quella lingua che in Italia nessuno conosce tranne per dire cose inutili ma che poi tutti consigliano.
Sarà per questo che l’ultima riforma del lavoro è stata chiamata Jobs Act?
Per una volta lasciamo da parte giuslavoristi e Ministri che ci definiscono choosy e facciamo a modo nostro costruendo un mondo del lavoro a misura d’uomo; sarà poi solo la letteratura e il futuro a valutarci…
Ma se proprio dobbiamo arrenderci a questo mondo del lavoro che almeno non si passi sopra a licenziamenti post mortem…
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