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SINISTR Anti-'68: atenei liberi dai sindacati

di Ilaria Telesca


Marzo 1968, Valle Giulia. L’università si accende di coraggio e di rivolta. Non c’è schieramento politico che tenga: bisogna ribellarsi e lo si deve fare congiuntamente. “Fuori dall’università partiti e polizia” si legge sui cartelli preparati dagli studenti. “Contro la repressione, l’insurrezione” decantano i muri delle facoltà. Nessuno avrebbe mai potuto spegnere quegli animi autonomi, quei sogni di libertà e quella volontà di non piegarsi davanti a nulla. L’università è il luogo della gioventù e del sogno rivoluzionario, nessun partito e nessuno schieramento avrebbero potuto sfruttarla a proprio piacimento e per un proprio tornaconto. O almeno, così si credeva. Quello del ‘68 fu un movimento che creò preoccupazione nel partito di potere, la Democrazia Cristiana, che da allora mise in campo la strategia della tensione per separare le due fazioni di estrema destra e sinistra, indebolendole e indirizzandole l’una contro l’altra. Da allora le università e le scuole in generale hanno subito un’opera di politicizzazione per mano dei partiti, in particolare di centro-sinistra, essenziale per costruire menti alienate e demotivate. Gennaio 2023, Teramo e Torino. La CGIL, sindacato chiaramente schierato, organizza i propri congressi nelle aule delle Università. Congressi che nulla hanno a che fare con l’azione didattica e l’interesse della comunità studentesca. Nel 2022 sono state 1089 le morti sul lavoro. Nei primi nove mesi dell’anno che si è appena concluso si è registrato un aumento dei licenziamenti del 22% rispetto allo stesso periodo del 2021. Il tasso di disoccupazione è ancora troppo elevato. Questi temi, però, non sembrano interessare il primo sindacato d’Italia, che anche questa volta si dimostra incurante di quelle che dovrebbero essere le sue priorità: il lavoro e i lavoratori. Ma cosa ci possiamo aspettare da chi, in periodo di emergenza Covid, è rimasto in silenzio davanti ad idranti e manganelli nei confronti dei lavoratori di Trieste. In quel periodo conveniva riempire i mass media di preoccupazione per l’assalto ad una propria sede, perché affrontare le difficoltà del mondo del lavoro dovute alle restrizioni della pandemia era troppo complicato per chi non è più in grado di occuparsene. Il crescente utilizzo del lavoro in smart working ha addormentato ancor più un’estesa classe di impiegati, che da un giorno all’altro ha visto la propria vita confondersi. Non v’è più differenza tra ambiente lavorativo e ambiente familiare: una separazione fondamentale per il benessere morale e sociale di ogni individuo. Le grandi multinazionali e l’ecommerce hanno smantellato i piccoli commercianti e i negozi di quartiere, provocando forti difficoltà ad una classe di mano d’opera importante per la nostra identità. Il neolavoro degli “influencer” consente ai giovanissimi di non avere alcun contatto con la realtà e di vivere in un mondo astratto costruito a tavolino, che genera speranze in un futuro malato in cui lavorare significa guadagnare e sponsorizzare, senza la necessità di donare alcun contributo alla comunità. I sindacati, però, preferiscono i congressi. La CGIL inaugura questo 2023 dimostrando la sua incapacità; o meglio, certificando il suo scopo. Vi avvisiamo: è proprio in quelle università che cercate di monopolizzare che cresce la generazione che si occuperà davvero della comunità, che non metterà da parte i problemi sociali per organizzare passerelle politiche, che guarderà a voi, al passato, per capire cosa evitare di fare, che costruirà una Nazione basata sul bene comune senza la necessità di alcun tornaconto.




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