top of page
Cerca
Immagine del redattoreRedazione

Stoner: l’elogio dell’antieroe che ci insegna a non essere vigliacchi

di Francesco di Giuseppe


Come può un vecchio romanzo di quasi sessant’anni fa, tornare di moda a cavallo del secolo con un passaparola dal Maine alla California, prima delle facilitazioni dell’era social, diventare negli Stati Uniti una sorta di fenomeno letterario che si estende fino in Europa e non vedere arrestarsi la fine?


Eppure Stoner è un libro piuttosto anomalo, perché tra le sue righe non accadono fatti eccezionali o colpi di scena; in uno spazio lungo circa 300 pagine, come un fiumiciattolo in pianura, scorre la vita del protagonista: niente imprevisti, niente rapide. Ma capace di lasciarti, una volta terminato, con una nostalgia infinita.


Dalle prime pagine del libro ci si immedesima nel viaggio, arrivando a Columbia, Missouri, nel bel mezzo di quelle distese piene di niente sotto forma di sterminati campi di mais e paesaggi piatti o lievemente ondulati che viene comunemente chiamata la “fly over zone” perché gli americani nei loro voli dalla costa est a ovest o viceversa definiscono così quella parte di America che sembra destinata solo ad essere sorvolata.


William Stoner è un uomo sedentario, remissivo, incapace di reagire alle continue cattiverie della moglie Edith e del collega Hollis Lomax; un personaggio che trova l’amore ma lo lascia scivolare via e che fa amicizia soltanto con due persone in tutta la vita, senza però riuscire a conoscerle fino in fondo.


Questo libro racconta la vita di un uomo, che, abbandonato il piccolo paese di origine,si trasferisce nel Midwest, dove vivrà tutta la vita in una triste e grigia università.

Tutti gli eventi della vita del Prof William Stoner sono descritti in ordine cronologico, messi in fila come in un catalogo, in cui non succede quasi nulla, trattando di un’esistenza ordinaria e priva dei colpi di scena di un thriller o della ricerca dell’assassino di un giallo, ma dove si trova meravigliosamente descritta tutta la sorprendente banalità della vita.


E così ci si ritrova a girare le pagine scorrono, l’opera di Williams conquista la mente e il cuore del lettore.

La carriera di Stoner sarà avvelenata e sabotata fino all'ultimo da un collega astioso e vendicativo. Il suo matrimonio sarà un disastro sin dalla luna di miele, sua moglie rivelandosi per una donna instabile, sessualmente frustrata e piena di un ingiustificato ma incrollabile ranco-re. All'unica figlia Stoner sarà vicino durante l'infanzia della piccola, ma poi la consorte riuscirà ad allontanarla da lui e ad avviarla ad una maturità fallimentare. Unico raggio di luce nella vicenda umana di Stoner, la relazione con una studentessa laureata, relazione però prontamente stroncata dal le autorità dell'ateneo.

Quando “finalmente” Stoner muore, appena giunto alle soglie della pensione, non può dunque dire di avere conseguito niente di importante, né di avere alcunché da lasciare, neanche come ricordo.

Eppure Stoner, pur senza mai distinguersi, è stato per decenni un buon insegnante, sempre teso a migliorarsi allo scopo di consegnare con più chiarezza agli studenti lo stupore della sua scoperta, ovvero della bellezza e dell'incanto che i libri possono contenere.


Le disgrazie non hanno piegato la sua quieta dignità, e la sommessa elegia che John Williams gli dedica nelle pagine finali, è la perfetta sintesi del libro: anche le più piccole storie, anche le gesta ignorate, anche i cosiddetti “antieroi” possono diventare esempio per tutti.



68 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti

Comments


bottom of page