Di Ilaria Telesca
Quant’è strano rivedersi nelle affermazioni di Macron, uno dei pionieri dell’Europa progressista e globalista.
Eppure, così come nel suo discorso alla Sorbona nel 2017, pochi giorni fa in un’intervista a seguito della sua visita di Stato in Cina ha sostenuto un’idea condivisibile di Europa.
Il Presidente francese, infatti, parla di una Terza Via tra le due superpotenze mondiali, USA e Cina, e di un’autonomia europea a tutti i livelli, in particolare nella propria politica estera e nei rapporti con gli altri Stati, ma anche nella difesa e nell’economia.
Una prima riflessione va fatta sottolineando che le superpotenze a cui lui stesso fa riferimento sono due e non tre: in questo momento storico, nonostante sia la protagonista della situazione che mette in difficoltà l’Europa intera, la Russia viene esclusa dalle prospettive di importanza strategica.
Com’era prevedibile, la guerra in Ucraina sta portando Mosca ad un indebolimento geopolitico e, insieme all’Europa, ad un’esclusione dal panorama delle potenze che “contano”: quelle superpotenze, in sostanza, che hanno il controllo dei flussi mondiali, sia economici che militari.
La seconda riflessione da evidenziare riguarda il contesto in cui Macron ha scelto di utilizzare una frase molto forte per raccomandare agli europei una sorta di distacco dagli Stati Uniti.
Quel “vassalli” che il Presidente francese utilizza dimostra la piena consapevolezza europea del proprio status quo.
Banalmente, ce lo spiega la Treccani: “Nella società feudale, il vassallo è un uomo libero che si assoggettava a un signore promettendogli fedeltà in cambio di protezione”.
Definizione perfetta di un’Europa che, ottant’anni fa, sceglieva di sottomettersi a un Paese straniero, riconoscendogli il diritto di ricostruirla con il Piano Marshall e di proteggerla con il Patto Atlantico, alibi eccellente per distruggere facilmente, nel corso degli anni, la cultura e la civiltà europea.
È significativo che Macron si rifaccia ad un termine del genere nel 2023, nell’era del progresso e della digitalizzazione, così lontana dalla severa epoca feudale.
Fare delle affermazioni di questo calibro subito dopo l’incontro con Pechino non fa altro che rafforzarne il peso.
Far uscire nell’immediato un comunicato congiunto Francia-Repubblica Popolare Cinese in cui Parigi ribadisce il suo impegno per la politica di “una sola Cina”, poi, è la conferma che probabilmente in pochi si aspettavano.
Macron ha avuto il coraggio di lanciare una bomba mediatica in una guerra già in atto, ovvero le tensioni tra USA e Cina su Taiwan.
Ha avuto anche l’astuzia (forse troppo brutalmente per i canoni europei) di lavarsi le mani davanti a una guerra che non ci appartiene e le cui conseguenze sarebbero decisamente più drastiche rispetto a quelle dello scontro tra Russia e Ucraina.
C’è da aggiungere, però, che la genuinità delle affermazioni del Presidente francese è molto discutibile e che probabilmente, in vista di una possibile guerra, l’unico intento è quello di prevedere un “ve l’avevo detto”.
O ancora, così come quelle del 2017, le sue parole potrebbero essere di circostanza e potrebbero non avere un riscontro effettivo e pragmatico nei fatti.
Anche perché, nella pratica, Macron afferma di non poter sostenere la guerra in Ucraina senza l’aiuto degli Stati Uniti e nel contempo anticipa di non volerli sostenere nell’eventualità di uno scontro con la Cina.
In questo periodo la Francia e il suo Presidente sono al centro di ogni cronaca, dall’infuocata politica interna messa in forte difficoltà dalle lecite proteste popolari, alla controversa politica estera caratterizzata da queste particolari affermazioni in un contesto totalmente opposto.
Ciò che è certo, però, è che i Paesi europei non devono essere vassalli di nessuno.
Se l’ha capito un atlantista come Macron, possiamo arrivare tutti a questa consapevolezza.
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