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Uccidere un fascista non è reato!

di Daniel Dibisceglie


Negli anni di piombo, la sinistra “democratica” e antifascista era solita dire che “uccidere un fascista non è un reato”.

Ad ogni aggressione o assassinio di ragazzi che avevano scelto la militanza a destra, il mantra veniva ripetuto. Poco importava se a cadere sotto i colpi delle “democratiche” hazet-36 erano ragazzi neanche ventenni che il fascismo lo avevano conosciuto soltanto sui libri di scuola. Per loro, il marchio era inevitabile.

E alla schiera dei compagni si univa spesso la stampa che, incapace ieri come oggi di promuovere una cronaca scevra da cecità ideologiche, raccontava gli attentati verso i militanti della destra nazionale come ragazzate

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Cos’è cambiato oggi? Certo, i Giudici e le Forze dell’Ordine non appaiono così ciechi di fronte alle violenze marchiate antifa, ma resta quel coro mediatico delle anime belle della sinistra - radicale e non - sempre pronto a giustificare, minimizzare, cancellare. Vale tanto per le foibe quanto per i nostri martiri degli anni di piombo: i silenzi assordanti - ad esclusione di qualche doverosa e forzata commemorazione istituzionale - che si replicano ogni anno su Sergio Ramelli o sulla strage di Acca Larentia, per citarne due.


Un siffatto clima - è inevitabile - porta a concedere di tutto, persino ad oltraggiare la memoria di questi ragazzi.


È quello che è successo a Milano, nell’anniversario dell’attentato a Sergio Ramelli: mentre la nostra Comunità politica e umana presentava la nuova edizione del toccante libro che racconta la storia di Sergio, il centro sociale “Zam” promuove l’Antifa Fest: sul manifesto, una chiave inglese in bella vista. La stessa arma con cui Sergio Ramelli è stato colpito e condannato a morte in quel 13 marzo 1975.

Silenzio assordante, anche qui, dai media e dalle istituzioni: nessuna richiesta di scuse, nessuna indignazione. Nulla.

Del resto, sono i figli di chi alla notizia della morte di Sergio esultò a Palazzo Marino con uni scrosciante è agghiacciante applauso.


Cianciano di libertà e democrazia, ma spalleggiano chi vorrebbe riportare in Italia il clima infame degli anni ‘70.


Benvenuti in Italia.


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