Unità d’Italia
- Redazione
- 17 mar
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Di Lorenzo Migliazza
Il 17 marzo 1861, con la legge n. 4761, il Parlamento del Regno di Sardegna proclamò
Re d’Italia Vittorio Emanuele II, per grazia di Dio e per volontà della nazione, dando vita
a un nuovo Stato nazionale.
L’Italia, figlia del sangue versato dagli eroi e dai patrioti italiani durante le Guerre
d’Indipendenza, era unita ma profondamente diversa dall’Italia di oggi: il Lazio era
ancora territorio dello Stato Pontificio, mentre il Veneto, il Trentino e il Friuli Venezia
Giulia erano ancora nelle mani del vicino-nemico austriaco. In più, l’unione era
prettamente politica, ma non culturale: ci vorranno decenni per unire anche
culturalmente la penisola.
L’Italia fu unificata grazie all’astuzia e alla furbizia di Camillo Benso, conte di Cavour,
all’epoca Presidente del Consiglio, che fu capace di sbarazzarsi del dominio austriaco
grazie a un'ottima strategia politica, dettata dai patti stipulati con il sovrano francese
Napoleone III. Anche il coraggio e l’azione guerrigliera di Giuseppe Garibaldi svolsero
un ruolo fondamentale. Al comando dei Mille e, insieme alla sua spinta rivoluzionaria,
Garibaldi riuscì, nell’arco di un anno, a conquistare tutti i territori appartenenti al Regno
Borbonico: la totalità del Sud Italia.
È innegabile, però, che il lavoro di Cavour e Garibaldi fu reso possibile grazie all’opera
ideologica, politica e intellettuale svolta, decenni prima, dal patriota Giuseppe Mazzini,
che nel 1831 fondò a Marsiglia la Giovine Italia, un’organizzazione il cui programma
politico, di stampo democratico e repubblicano, mirava all’unificazione dell’Italia
attraverso la partecipazione diretta del popolo.
D’altra parte, sarebbe erroneo pensare che questo sentimento di unitarismo e
patriottismo italiano sia nato nell’Ottocento. Era, infatti, già radicato da secoli nella
penisola, tanto che, già nel pieno Cinquecento, nel XVI libro del De Principatibus,
Niccolò Machiavelli auspicava la liberazione dell’Italia dai domini stranieri per creare
un unico Stato.
Risulta necessario mantenere viva la memoria del sacrificio dei patrioti italiani, del loro
senso di coraggio e di devozione alla nazione e alla comunità nazionale. Non possiamo
non ricordare la nostra storia e le nostre radici, poiché ignorare questa giornata
significherebbe rifiutare la propria identità, storica e culturale.
Oggi più che mai, il concetto di identità nazionale va difeso dalle scelleratezze
cosmopolite e pseudo-progressiste propinate da certi personaggi pubblici. Basti
pensare a Francamente, sedicente cantante, che ha accusato l’Inno di Mameli di
essere discriminatorio e non inclusivo. Ma l’identità nazionale va preservata anche dalglobalismo più sfrenato che, in favore del profitto delle multinazionali e in nome della
finta integrazione, annichilisce le identità dei popoli.
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