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Vecchi propositi

di Andrea Piepoli


“Cantare, sognar, sereno e gaio, libero indipendente, aver l’occhio sicuro e la voce possente, mettersi quando piaccia il feltro di traverso, per un sì, per un no, battersi o fare un verso!” – Cyrano De Bergerac

La libertà impone il coraggio. Se i giovani non inseguono il coraggio per coltivare in sé alcun ideale, se neanche nei giovani germoglia il seme della passione civile, se, constatata una ingiustizia, non patiscono scotimento, allora a che serve la giovinezza? Quale bellezza, quale valore essa possiede? Onorare la nostra età, vuol dire, anzitutto, concedersi la speranza che possa esistere un mondo migliore da costruire con il coraggio. Il coraggio è necessario per abbandonare il porto sicuro, gli schemi precostituiti, la narrazione dominante ma piatta del mondo e delle cose. Trovato quel pizzico di coraggio, però, si spalanca la bellezza del pensiero critico, dell’originalità, del non conformismo autentico, che è faticoso nella misura in cui comporta la rinuncia a talune insidie della modernità. Ma restituisce l’esperienza di un cammino esistenziale profondo. Trovare il coraggio che occorre alla libertà è la più grande impresa per ciascuno di noi. Ma perché è tanto importante perseguire la libertà? Il bene più prezioso che possiamo trarre in nostro favore è una libera scelta, la spontaneità con cui un ragazzo, scavandosi dentro, decide verso cosa dovrà proiettare il proprio destino. Sopra quale morale, sopra quale etica, sopra quale spirito. Oltre ad essergli grati per questo, dare forma a questo suo desiderio di rottura con il contesto circostante, ingabbiante e desolante, è il nostro principale compito. I rapporti comunitari si fondano su presupposti di libertà, crescono sotto le sue insegne ed è la libertà a legarci, in uno ossimoro denso di vita e di autenticità. La libertà, inoltre, ci ha permesso di infischiarcene delle striminzite riduzioni in schemi ideologici, volando oltre il dogma e la supponenza dei catechisti di sinistra, nonché di destra. Specialmente quelli di destra.

Un uomo libero dubita di tutto ed ha certezze inamovibili verso le contraddizioni dell’uomo e della vita. Entrambi traboccanti di dinamismo. Invidiamo l’uomo che rinuncia al superfluo, in nome di una vita girovaga e corsara, condotta di pari passo con il ciclo naturale, conservando intatto il proprio rapporto con il sacro e perfezionando il proprio sguardo interiore. Un cammino arduo, dalla difficile applicazione pratica, ma non sentiamo di condannare quei poveri diavoli che cadranno in tentazione e perderanno il passo. Noi tutti sbagliamo, nessuno è infallibile. Quest’uomo ideale, dall’equilibrio perfetto, partecipa alla vita terrestre, sa immergersi nel fiume della vita e sa migliorarla applicando la propria intelligenza e capacità di lettura dei i tempi. Ma, contestualmente, non si sottrae dalla perfezione e dal compimento di tutto. Ci dovremmo ridurre sempre a questo: il compromesso faticoso e appassionante tra bassezze quotidiane e grandezze verticali. La line orizzontale e quella verticale. Crediamo che per poter brillare, un uomo debba essere una stella e stabilire un sincero dialogo col cielo. Nel De otio, Seneca si interroga sullo spirito divino che è presente negli uomini, poiché essi sono, non solo carne e sangue, ma schegge di cielo, scintille di stelle, posatesi in lui.


Perché le stelle si posano nell’uomo? Il pensiero dell’uomo infrange le barriere del cielo, non si accontenta di conoscere ciò che si mostra al suo sguardo.



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